lunedì 1 febbraio 2016

Il giorno non è ancora nato e la città tace



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Il giorno non è ancora nato e la città tace, immersa ancora nel sonno della notte. Decido di sorprendere il sole al suo nascere e, così, esco di casa e mi incammino nei vicoli ancora un po' bui e salgo-scendo-scavalco-attraverso-faccio molte scale e mi ritrovo davanti ad un muretto che domina la parte bassa della città. Un posto favoloso e nuovo. Sebbene sia estate soffia un venticello leggero ma piuttosto freddo che mi fa rabbrividire.

Mi siedo a cavalcioni sul muretto e attendo l’alba.

L'aria è umida, forse è piovuto durante la notte e si sente tutt’intorno il profumo dell'erba bagnata e della terra ancora umida. Sotto il muretto c’è uno strapiombo e più giù una casetta fatta di legno. Ricordo che quando ero piccola avevo la mania, con tutti i miei amici, dì costruire casette con gradi scatoloni di cartone al posto dei muri e di tavole lunghe e strette di legno, piantate nel terreno e inchiodate tra loro, che li reggevano. Fingevamo di essere grandi, di essere una famiglia o, nel caso di personaggi doppi, una, come si dice oggi, grande famiglia allargata. E immaginavamo di condurre una vita " normale" o, comunque, a immagine e somiglianza di quella dei nostri genitori. C’erano i genitori autoritari e severi che lavoravano e uscivano a fare la spesa e ogni tanto portavano i loro bambini ai giardini a giocare; c'erano, poi, i figli di solito irrispettosi e ribelli; e qualche volta c'erano anche i nonni di solito generosi e affettuosi e presenti e gli zii un po' anonimi. lo ero la figlia ribelle, come nella realtà. Così passavamo il tempo: a scimmiottare i grandi.

Sotto il muro, le case e di fronte, altissime, le montagne.

Sotto il muro
le case e
di fronte
altissime
le montagne.


(Volendo fingere qualche virtuosismo pseudo-letterario)

Ormai c'è luce ovunque e presto sorgerà anche il sole. E' difficile vedere nascere il sole fra i palazzoni di cemento e mi meraviglio di essere riuscita a scovare questo bel posto isolato dove poter pensare e magari piangere. Magari piangere...

Qualche volta ho avuto più di un vero motivo per piangere, ma ho sempre preteso la libertà di poter piangere anche senza un motivo concreto, solo per dar sfogo alla mia malinconia e alla mia brama di sapere com’era il mondo prima che nascessi e come sarà dopo e, cosa che mi preme di più, come è adesso che ci sono io.

Preferisco-bramo-ricerco il vivo silenzio dei miei pensieri al chiasso-in- fondo-muto della gente. Della m-a-s-s-a, direbbe qualcuno. È per questo che non voglio e non ho mai voluto e amato più di un buon amico per volta. E' per questo che ne ho avuti pochi. Ma non smanio per averne o addirittura collezionarne (come figurine) o per ricercare emozioni a tutti i costi; o per ricercare le grandi emozioni, quelle che stravolgono e danno senso alla vita, ma, cari-miei, le grandi emozioni sono in realtà quelle non ricercate e quelle appena percepibili ma intimamente incommensurabili. E sono queste che danno il giusto senso alla vita, io credo.

Sebbene il mio atteggiamento sia/sembri schivo e distaccato, come una spugna assorbo, assorbo, assorbo e ad un certo punto ricaccio, donando e donandomi. Amo conoscere me stessa e la mia interiorità e confrontarla con quella degli altri, ma presi singolarmente e privi dello scudo del loro gruppo.


[to be continued...]


(Maria Luigia Longo, da La voce di un'adolescente, Inedito, Prose/Cantiere)

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