martedì 31 dicembre 2013

Buon Anno a colori





Amore oggi il tuo nome / Amor, hoy tu nombre




Amore, oggi il tuo nome
al mio labbro è sfuggito
come al piede l'ultimo gradino...

Ora è sparsa l'acqua della vita
e tutta la lunga scala
è da ricominciare.

T'ho barattato, amore, con parole.

Buio miele che odori
dentro i diafani vasi
sotto mille e seicento anni di lava -

Ti riconoscerò dall'immortale
silenzio.







Amor, hoy tu nombre
Se ha huido de mi labio
como el pie del último peldaño…

Ahora se esparció el agua de la vida
y toda la larga escalera
hay que recomenzar.

Te he trocado, amor, con palabras.

Oscura miel que olores
dentro de macetas diáfanas
bajo mil y seiscientos años de lava -
Te reconoceré por el inmortal
silencio.


(Cristina Campo, da La tigre assenza, Adelphi 1991)


domenica 29 dicembre 2013

Il cielo



Da qui bisogna cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.
Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva da sotto.

Persino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n'è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.

Friabili, fluenti, rocciose,
infuocate ed eteree,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cataste di cielo.
Il cielo è onnipresente
Perfino nel buio sotto la pelle.

Mangio il cielo, evacuo il cielo.
Sono una trappola in una trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta ad una domanda.

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.

(Wislawa Szymborska)

sabato 21 dicembre 2013

Quién alumbra / Chi illumina



Cuando me miras
mis ojos son llaves,
el muro tiene secretos,
mi temor palabras, poemas.
Sólo tú haces de mi memoria
una viajera fascinada,
un fuego incesante.

(Alejandra Pizarnik)

Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.


sabato 14 dicembre 2013

Itaca


Quando partirai, diretto ad Itaca,
che il tuo viaggio sia lungo
ricco di avventure e di conoscenza.

Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi né il furioso Poseidone;
durante il cammino non li incontrerai
se il pensiero sarà elevato, se l’emozione
non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito.
I lestrigoni e i Ciclopi e il furioso Poseidone
non saranno sul tuo cammino
se non li porterai con te nell’anima,
se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.

Spero che la tua strada sia lunga.
Che siano molte le mattine d’estate,
che il piacere di vedere i primi porti
ti arrechi una gioia mai provata.
Cerca di visitare gli empori della Fenicia
e raccogli ciò che v’è di meglio.
Vai alle città dell’Egitto,
apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.

Non perdere di vista Itaca,
poiché giungervi è il tuo destino.
Ma non affrettare i tuoi passi;
è meglio che il viaggio duri molti anni
e la tua nave getti l’ancora sull’isola
quando ti sarai arricchito
di ciò che hai conosciuto nel cammino.
Non aspettarti che Itaca è povera,
non pensare che ti abbia ingannato.
Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa,
e questo è il significato di Itaca.


(KONSTANTINOS KAVAFIS (Alessandria d’Egitto 1863 – 1933)

lunedì 9 dicembre 2013

Così siamo.


Dicevano, a Padova, "anch'io"
gli amici "l'ho conosciuto".
E c'era il romorio d'un'acqua sporca
prossima, e d'una sporca fabbrica:
stupende nel silenzio.
Perché era notte. "Anch'io
l'ho conosciuto".
Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per quanto s'affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega abbastanza

E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla,
perciò non ti ho perduto
o, più ti perdo e più ti perdi,
più mi sei simile, più m'avvicini.

(Andrea Zanzotto, da IX Ecloghe)



domenica 1 dicembre 2013

Frammento alla morte.



Vengo da te e torno a te,
sentimento nato con la luce, col caldo,
battezzato quando il vagito era gioia,
riconosciuto in Pier Paolo
all’origine di una smaniosa epopea:
ho camminato alla luce della storia,
ma, sempre, il mio essere fu eroico,
sotto il tuo dominio, intimo pensiero.
Si coagulava nella tua scia di luce
nelle atroci sfiducie
della tua fiamma, ogni atto vero
del mondo, di quella
storia: e in essa si verificava intero,
vi perdeva la vita per riaverla:
e la vita era reale solo se bella…

La furia della confessione,
prima, poi la furia della chiarezza:
era da te che nasceva, ipocrita, oscuro
sentimento! E adesso,
accusino pure ogni mia passione,
m’infanghino, mi dicano informe, im
puro
ossesso, dilettante, spergiuro:
tu mi isoli, mi dai la certezza della vita:
sono nel rogo, gioco la carta del fuoco,
e vinco, questo mio poco,
immenso bene, vinco quest’infinita,
misera mia pietà
che mi rende anche la giusta ira amica:
posso farlo, perché ti ho troppo patita!

Torno a te, come torna
un emigrato al suo paese e lo riscopre:
ho fatto fortuna (nell’intelletto)
e sono felice, proprio
com’ero un tempo, destituito di norma.
Una nera rabbia di poesia nel petto.
Una pazza vecchiaia di giovinetto.
Una volta la tua gioia era confusa
con il terrore, è vero, e ora
quasi con altra gioia,
livida, arida: la mia passione delusa.
Mi fai ora davvero paura,
perché mi sei davvero vicina, inclusa
nel mio stato di rabbia, di oscura
fame, di ansia quasi di nuova creatura.

Sono sano, come vuoi tu,
la nevrosi mi ramifica accanto,
l’esaurimento mi inaridisce, ma
non mi ha: al mio fianco
ride l’ultima luce di gioventù.
Ho avuto tutto quello che volevo,
ormai:
sono anzi andato anche più in là
di certe speranze del mondo: svuotato,
eccoti lì, dentro di me, che empi
il mio tempo e i tempi.
Sono stato razionale e sono stato
irrazionale: fino in fondo.
E ora… ah, il deserto assordato
dal vento, lo stupendo e immondo
sole dell’Africa che illumina il mondo.

Africa! Unica mia
alternativa
(Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo, 1961)