mercoledì 15 giugno 2011

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La notte
ha posato su di te
che lieve ansimi dormendo
le sue mani di velluto
e accoglie nel suo spazio immoto
il tuo involucro che pure pare di pietra
dimentico e pago.
Il desiderio d’averti
va oltre il tempo di cercarti
oltre […] la tua corazza d’ebano
oltre anche te
e spopola il mondo che ti circonda
in un impeto che solo nel tuo risveglio
trova la pace.

Tratta da Paesaggi di tempo, pag. 34


4 commenti:

Anonimo ha detto...

questa è una delle tue poesie che preferisco! complimenti per la suggestiva poesia , per la stupenda prosa e per il bel risultato che stai raggiungendo con il blog.... aspetto indicazioni per l'evento di cui hai parlato via mail....

Maria Luigia Longo ha detto...

Grazie!! felice che ti piaccia sia la poesia sia la prosa. Mi interesserebbe sapere quali sentimenti o emozioni ti evocano entrambe... cosa ti piace? cosa ti suggeriscono? Sono curiosa!

per l'evento a breve avrai tutte le informazioni.

un abbraccio

helios ha detto...

«La tua terra» mi suggerisc alcune condiderazioni collaterali sulla natura e sull'origine del vino. Per i greci οῖνος oinos, vinum per i latini. Anche in Enotria, terra del vino, pare che i «calici celesti» abbiano davvero origine divina. Almeno secondo quasi tutte le mitologie, non solo occidentali, le quali però trascurano di rivelare che la «vera» natura della rossa (o bianca, o rosata) bevanda, risieda in quel quasi che la tua ispirazione genuinamente poetica ha intuito con precisa chiarezza come emerge dai versi conclusivi della poesia (ode? sonetto?). Il vino è sempre «quasi vino» dal momento che oltre il 90% del suo contenuto è acqua. Senz'acqua in adeguata quantità, risulterebbe imbevibile. Infatti secondo la lezione di Karl Kerényi, in realtà Dioniso non avrebbe svelato all'uomo il segreto della produzione del vino. Quello era già noto da millenni. La novità introdotta dal Dio consisteva più semplicemente nell'aver insegnato ai mortali a mescolare oinos e acqua. A non ubriacarsi, insomma. In tal modo «...d'ora in poi, sarebbero stati in grado di tenersi eretti» (K. Kerényi, «Dioniso», pag. 161. Adelphi). In tutti i sensi. Ricordate le nozze di Cana? In questo, esattamente in questo, consiste il miracolo compiuto da Cristo. Un rito, quello dell'annacquamento, che gli osti disonesti officiano da sempre con pragmatico impegno, ancorché divino. (l'intuibile omofonia non omografa «divino - di vino» è assolutamente involontaria).
Secondo il dettato veterotestamentario, invece, l'umanità deve a Noé ( Gen. 9, 20_27) la scoperta del vino. Ogni religione ha il suo viticoltore sacro. Così il padre dell'umanità nuova, dopo il diluvio coltivò la prima vite e, dopo la prima vendemmia, si ritrovò talmente ubriaco e barcollante da non riuscire nemmeno ad abbandonare la tenda a causa delle gambe malferme «...mentre il passo cede e si sofferma...». L'eufemismo è figura prediletta dai poeti, vero Maria Luigia? Certamente Noé, dopo l'abbondante libagione, era in grado di vergare solo «...versi imperfetti...». Anche se «...dal ribollir de’ tini / va l’ aspro odor de i vini / l’anime a rallegrar».(G. Carducci, San Martino, 5-8).
Concludo queste brevi note ricordando che l'uso del vino in termini sacrificali di cui l'eucaristia è una delle espressioni più moderne, risale alla notte dei tempi e rappresenta simbolicamente la celebrazione della nascita della cultura e della civiltà: offrire al dio vino o latte testimonia il raggiungimento di uno stato di benessere e di sovraproduzione che consente agli uomini di manifestare la loro riconoscenza al divino sacrificando una parte del superfluo. Oggi, come spiegano efficacemente i versi di Maria Luigia, nell'era della sovrabbondanza e dell'eccesso sfrenato, gli uomini tentano invano «...di ricalcare le orme degli altri...», dei progenitori. Anche se «non sanno quello che fanno». In questo senso i tuoi versi, Maria Luigia, ci soccorrono offrendoci un po' di luce. Del resto non è questa una delle funzioni della poesia?

Maria Luigia Longo ha detto...

Ciao Elio! "La tua terra" accosta il vino alla poesia perché li considera nel momento sublime dell'ebbrezza. L'ebbrezza che ti coglie quando bevi un po' di vino e l'ebbrezza tipica della creazione ed ispirazione poetica. Un momento in cui, forse, la coscienza entra in un'altra dimensione e la percorre, in lungo e in largo, con coordinate spazio temporalinuove, regole nuove e una nuova lucidità. A questo tema poi aggiungerei quello, al quale sono molto legata, dell'amore per la terra (intesa anche come paesaggio e panorama), del rispetto per essa da parte dell'uomo che vive al ritmo (a volte lento) dell'attesa dei suoi frutti.
Questa poesia a me ricorda molto un vino novello. Anche perché è frutto di una breve macerazione (per i miei standard). che ne dici?