sabato 6 agosto 2011

8 giugno


Ho lasciato l’università nel caos più totale. In me.

Avrei dovuto dare l’esame. Ma ero in un certo stato di mente e mentre rispondevo in maniera esatta alle domande del professore, sono piombata in me. Improvvisamente. Non sono più riuscita a distinguere la mia voce da tutto il resto. Prima non sono riuscita a distingue le parole tra loro, poi la mia voce è stata assalita da altri suoni: il vociare confuso della gente alle mie spalle, il traffico delle macchine in strade lontane, il cinguettio di uccelli in volo non so dove, clacson suonati lungamente con rabbia, il rumore delle pagine dei libri sfogliati dalle mani di qualcuno nell’aula, il respiro pesante e affannoso del docente. Poi si sono aggiunte le immagini: un corpo di uomo seduto goffamente su una sedia e immerso in una parete bianca; mani gonfie che sfogliano un libro; occhi stanchi e fissi sulle mie parole senza alcuna indulgenza. I suoi occhiali. La cravatta scura immersa nella camicia. La gola scura, rosso marcio. Il suo odore di carne mattata. La sua gola debordante, sulle spalle e sul petto. La gola ovunque. La testa pelata e i suoi occhi cinici e noncuranti, la bocca sdentata. Gli occhi pieni di lacrime. Le mie. Le mie, di chi? Io in tutta questa gola, dov’ero?

Non ho più potuto distinguere tutto il resto da me.

Poi una voce - Signorina, ritorni al prossimo appello... e molto più preparata!

Quel tutto estraneo mi ha rigettata fuori. Fuori anche da me.

Smarrita inspiro profondamente, cerco di liberare la mente, poi chiudo gli occhi.

L’ululato sguaiato di un cane mi scuote e mi riporta in me. Sento il fruscio del vento tra l’erba secca. Il vento la scuote tutta e fa oscillare gli steli. Mi esplode dentro l’immagine dei fiori mossi violati. Vacillo e sento di essere sul punto di soccombere sotto alcuni pensieri. Si apre un baratro...fatto di pensieri, immagini e suoni.

Una tempesta di rumori. Il mio cuore: che frastuono! Il dolore cresce e non è un dolore solo dell’anima, no, è il mio corpo che soffre. Brucia tutto. Mi fa male il cuore. Mi brucia la pelle. Avverto spasmi lancinanti ovunque. Mi fa male lo stomaco, in un conato di vomito. Ho la testa pullulante di rumore.

Lo assaporo tutto, questo dolore. Sa di amaro. L’amaro della coscienza che se n’è andata. L’amaro di percepire tanta estensione in sé e non riuscire a trovare un appiglio. E precipitare lontani persino da sé. L’amaro di avvertire tanta estensione anche nell’altro e di non riuscire a sovrapporsi ad essa. Quell’amaro dovuto alla perdita dell’Igor-coscienza.

L’amaro di disperazione e smarrimento. Lo smarrimento della dispersione e frattura di sé.

Brano tratto dal romanzo inedito

Il sole è già quasi del tutto sparito dietro le montagne
di Maria Luigia Longo

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