Caro Igor,
questo foglio, vuoto, proviene da un quaderno importante e prezioso; pieno, proviene non so da dove. Da me, forse.
Riprendo a scriverti. Credevo non lo avrei mai più fatto. Ma scrivere mi fa bene, lo sai. Mi dà un senso fortissimo di appartenenza a me stessa.
Questo che vivo è forse uno dei periodi nei quali mi sono sentita più sola. E non soltanto lontana dal mondo, ma proprio da me. Non avrei mai creduto di dover vivere senza di me per un periodo così lungo. Mi sento sballottata, dentro e fuori e continuamente. Sento un atroce senso di estraneità quando mi muovo in mezzo agli altri, ma anche quando resto con me.
Avverto estraneità ogni qualvolta penso di vivere qualcosa di me e di mio. E l’abbandono, fuggo forse.
Mi vedo vivere, ma non mi sento vivere. Mi sento persa e non so più se sono persa in me o fuori da me.
Neppure nel sonno trovo riparo.
Poi quell’aereo l’ho preso davvero e adesso mi trovo a sud, nel sud del mio mondo. L’ho preso in silenzio e senza grossi clamori.
È passato qualche mese, ma non è cambiato molto. Non è cambiato niente.
E forse ritorno.
Anche se, in fondo, cosa cambia?
In fondo? Nulla.
Brano tratto dal romanzo inedito
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