sabato 28 maggio 2011

Brunella all'ombra dei Sassi


Quieto frusciava il vento da oriente, cingendolo tutto.

Era un po’ agitato Ernesto al suo ingresso in città dopo più di trent’anni passati in giro per l’Europa a parlare lingue diverse che non erano la sua. Fortuna che un nome proprio è lo stesso in tutte le lingue!, pensava. E Matera era sempre Matera. Nei primi anni l’aveva quasi dimenticata, non ne parlava mai, diceva d’essere - genericamente – italiano, un italiano del sud, aggiungeva.

E ora la distesa dei Sassi si presentava a lui esattamente come la ricordava, proprio come l’aveva lasciata: tanti piccoli fori che occhieggiavano come a dargli il bentornato.

Dell’infanzia ricordava soprattutto le scorribande pomeridiane con gli amici fra le rocce del Caveoso, da dove più volte il suo sguardo si era perso a fissare il torrente Gravina, spingendosi fino al pendio opposto del canyon. E ricordava lo strofinio leggero del vento sui vestiti quando fra i numeri della campana saltellava inseguendo un sassolino; lo stesso vento che ora lì, sul belvedere di Piazza Vittorio Veneto, accartocciava i pensieri.

Stretta nel pugno, celata nella tasca dei pantaloni, aveva una fotografia in bianco e nero, un segreto che qualcuno aveva custodito per anni e che soltanto ora si era deciso a rivelare: Brunella seduta all’ombra dei Sassi.

L’aveva ricevuta per posta un giorno di aprile di un anno fa e ancora avvertiva un leggero imbarazzo nel guardarla. Lo faceva il meno possibile, quasi sbirciandola. E tutte le volte con lo stesso sobbalzo del cuore. Cercava in quella bimba, ormai cresciuta, qualcosa di sé, la percorreva tutta come fosse la mappa del suo vissuto. Il viso era aguzzo e scuro, scuri anche gli occhi e i capelli. E forse gli somigliava. Brunella era la sua eredità, la sua traccia nel mondo che non sapeva di aver prodotto.

Rimaneva immobile, un po’ sospeso davanti alla distesa dei Sassi, appoggiato alla balaustra del belvedere (come appoggiato alle informi possibilità dell’esistenza), e si chiedeva come avrebbe potuto essere la sua vita se avesse saputo prima di avere una figlia.

Uno sbuffo di vento più risoluto degli altri lo fece riavere dalle sue domande e, allontanando il cicaleccio dei suoi pensieri, si avviò verso l’indirizzo riportato sul retro della foto. Brunella forse avrebbe capito.

Penetrò nel cuore dei Sassi e, dondolando dolcemente fra i ricordi, si consegnò a quella città con lo stesso abbandono che si ha dinanzi al proprio destino.


Racconto tratto dalla raccolta inedita Trilogia dell'incontro e altre storie

di Maria Luigia Longo



1 commento:

Maria Luigia Longo ha detto...

Un po' di anni e di stili fa!