Chiudere porte è sempre stata la mia
specialità.
Prendere e andare, in un attimo. Dopo averle
tentate tutte, certo. Aver riflettuto, ascoltato e detto.
E senza strascichi: una volta deciso, non ho
più sentito l’eco della scelta. Anche questo fa parte, forse, dell’essere sradicati.
O del vivere radicati sempre altrove.
Ricordo tutte le ultime volte, i miei ultimi
sguardi ad appartamenti, luoghi e occhi.
Porto con me le ultime parole. E
le seppellisco in me, se hanno fatto male, o le sguaino come spade
all’occorrenza, se mi hanno fatto bene, coperto, protetto.
Le parole “giuste” mi aiutano a definire i
perché, a dire basta senza rimpianto, costruiscono la scelta migliore e mi dicono che lo strappo è necessario e aprirà un’età migliore. Le parole.
E le parole giuste le ho sempre trovare. E hanno sempre permesso che io le pronunciassi, anche nella fine. Questo è amore.
Anche nella fine, col rispetto di ciò che ho da dire. Perché quello che ho da dire è quello che sono.
ml
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