venerdì 15 febbraio 2013

Tre Meditazioni (1999-2001)



Meditazione 1

Talpa nella tana
seme nella zucca
isolarsi da ogni stimolo esterno
lentamente acquietare
il tirannico lampeggiare
dei cinque sensi e con la morte
fare conoscenza dolcemente.
Certo, una morte solo simulata
ma pur sempre una terra di nessuno
una non-vita: niente avversioni
niente attaccamenti – essere equanimi
impersonali – niente ambizioni
niente compiacimenti. Rimane il respiro.
Rimani con il tuo respiro, solo con quello
e Virgilio ti prenderà per mano,
ti porterà lontano in uno spazio senza tempo.
Filo rosso, linea diretta
il respiro formerà le rose di luce
che sbocciano in meditazione,
ti mostrerà la caverna di Platone
il fuoco del braciere che arde nel ventre
e lo trasmetterà alla goccia bianca
al centro della fronte, le darà
calore, liberandone il potere:
una saggezza antica come il mondo
fluisce in ogni cellula del corpo
divenuto onda di quiete profonda
estatico pozzo senza fondo.
Il sub-conscio affiorato
è illuminato da una luce piena
perfettamente tonda.

(Giugno 1999)


Meditazione 2

Un’incisione netta, verticale un “taglio”
di Fontana, «la non rappresentazione
in favore della creazione di sensazioni spaziali»
- dice in manifesto – e anche «il fatto di passare
a un altro piano dietro la tela,
per andare oltre ciò che è percepito».
Inoltre, sia Wols che Fontana
apposero a certi loro quadri
l’impronta del dito pollice
e non il nome scritto, “analfabeti”
che lanciano un segnale comprensibile
a pochi; solo a chi ha già sperimentato
nell’occhio della mente un intermittente
piccolo vortice di luce, una radiosa
fosforescenza di segmenti concentrici
identici a quelli dei nostri polpastrelli.
A volte, tra le sopracciglia
al centro della fronte, un fastidioso
turgore pulsante, come un ascesso,
un’escrescenza di unicorno, oppure,
sempre lì, ma in superficie, sulla pelle,
una vistosa fiammata di rossore.
Poi il taglio si allarga,
assume la forma di un proiettile
e ancora si trasforma, strozzandosi
a un terzo dalla cima. Avremo allora
una testina con due piccole orecchie
sopra un corpo gonfio, arrotondato.
La silhouette di una civetta?
Un gufo, una civetta visti di spalle
o, sempre di spalle, un gatto seduto?
Validi tutti. Infatti, tutti e tre
vedono al buio. Ma direi la civetta,
perché sacra ad Atena e in quanto tale,
non può che essere lei l’archetipo
dell’apertura dell’occhio della mente:
pineale funzionante, in grado di spaziare.

(Marzo 2000)


Meditazione 3
Il sacco degli scampoli

Ci sono il rumore di fondo delle voci
delle donne che si parlano in dialetto,
i ritmici colpi del ferro sul tavolo
da stiro e io seduta per terra, nel cono
di luce della lampada, ai margini del buio
di quel pomeriggio invernale – ah quella
pigna di porcellana bianca del contrappeso
e il cigolio della carrucola quando si alza
o si abbassa la luce sopra i tavolo! –
io in quel cerchio di luce, sul parquet
del guardaroba, con intorno i ritagli
di stoffa. Ci gioco. Li esamino, distinguo
cotone, seta, lino, raion. Riconosco:
quell’abito di mia madre, quella camicia
di mio padre, il mio grembiule bianco,
le stoffe pesanti delle mantovane e
quelle dei velluti e dei rasi che ricoprono
sedie e divani. La consistenza dei tessuti
al tatto, i fili dei disegni damascati
sul dritto e sul rovescio, i colori,
le forme e le dimensioni degli avanzi e
quelli a sorpresa, mai visti o mai notati,
appena estratti dalla federa stipata.
Non è un ricordo. Lì ritorno per un attimo
al termine di un ritiro di meditazione
con la percezione inequivocabile
della mia mente-bambina circondata
da luci, rumori e odori di quel guardaroba
di sessant’anni fa. E comprendo: quei ritagli
di stoffa sono la metafora di tutte le possibilità
che la vita allora mi offriva. Ora mi si apre
il cuore e si espande in gratitudine e stupore.
P.S. Francesca mi dirà poi che quei sacchi
di scampoli vengono usati pedagogicamente
in certe scuole materne: servono a stimolare
la concentrazione nei bambini.

(Aprile 2001)


Giulia Niccolai, La misura del respiro. Poesie scelte, Verona, Anterem Edizioni, “Itinera”, 2002)







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