mercoledì 2 novembre 2011

I suoni e la polvere



Lei, come ogni giovedì, è già entrata in bagno.
La casa è deserta, buia, tranne la finestra del bagno, che ogni giovedì a quest'ora emana una luce calda o così la vedo pensando al dopo.
Da lontano arrivano i suoni delle giostre che vengono ad allietare le serate estive della gente di questo paese e si mischiano alle voci e alle risate dei ragazzi che schiamazzano lì intorno. Mi ricordano un po' le estati di quando ero bambino ed eravamo appena arrivati in Francia con mia mamma e Amina.
Sento le pulsazioni dei bassi.
La porta è accostata e, anche se ho la chiave, lei me la lascia sempre un po' socchiusa. Giro con la chiave nella tasca dei pantaloni per tutto il giorno,quando ho la mano in tasca me lan rigiro continuamente fra le dita. La porto anche nel jeans del lavoro. Sto ben attento a non perderla e sopratutto che non si sporchi di polvere.
Dentro conosco bene la strada e vado subito verso il bagno. La porta è chiusa e lei già sotto la doccia. Sento lo scrosciare dell'acqua sul vetro e sul piano antiscivolo. Resto un po' così, con la maniglia fra le mani, ad ascoltare l'acqua. E la musica di fondo, le pulsazioni dei bassi e la notte così vicina.
E' un gioco che facciamo da un po': lei è sotto la doccia e io arrivo in silenzio, chissà da dove. Mi appoggio al lavandino e mi schiarisco la voce.
- Sei tu? -
Ha una voce allegra, squillante, che mi piace ascoltare mentre parla con i bambini ad esempio.
Mi appoggio al lavandino e resto per un po' a guardare la sua sagoma immersa nel vapore che sale dal box doccia e che ormai ha già appannato il vetro smerigliato, la finestra e lo specchio alle mie spalle.
-Sì, sono io. - rispondo.
Anche così, come una macchia di caffellatte dai contorni sfumati, lei è bellissima. Ha fianchi morbidi e capelli nerissimi e lunghi che non sembra neanche un'italiana.
- Ancora lì? Dài, sbrigati, se no, tra un po', ritornano i bambini con Ines... - quando parla è come se squittisse. Mi mette gioia.
L'idea di farlo nella doccia è venuta a me. Voglio togliermi ogni tanto quel residuo di polvere di cava dalle unghie e l'acqua mi dà l'impressione di riuscirci. Io, nel mio paese, sono uno scultore di alabastro, come molti in Egitto, e qui invece ho trovato lavoro in una cava di gesso. Le prime volte che tornavo a casa dal lavoro, oltre che sui vestiti, ritrovavo quella polvere ovunque: tra i capelli, in bocca, nelle orecchie e sotto le unghie, da cui faccio davvero fatica a farla andar via. All'inizio non stavo molto attento e me la ritrovavo nelle tasche dei jeans e nella zigrinatura delle chiavi, perfino quella di casa sua.
In Egitto mi piaceva tornare a casa dopo il lavoro un po' impolverato, qui no. Mi lavo giù in garage e non dò mai alla polvere la possibilità di salire le scale con me.
- Eddy, dài...vieni?- e spalanca la porta del box doccia. Fuoriesce una nuvola di vapore e intravedo il suo corpo perfetto, bello.
-Resto qui.- dico, con uno strano suono nella voce che può sembrare un lamento.
- Su, non metterti a fare i capricci!- dice, anche questa volta sorridendo.
Voglio restare qui e voglio guardarla.
- Ma che hai?-
-...- la guardo e stasera mi sembra più di quello che posso avere e che posso permettermi.
- Penso a lui. - dico
-Ancora con questa storia?!- ed esce dalla doccia e mi si pianta davanti. - Non sei tu che lo tradisci, sono io la moglie!- è nuda, a un passo da me.
-Sì, un po' lo tradisco anch'io. E' il mio capo. E io... non è una cosa buona.-
La voglia che avevo di lei è passata.
Era iniziato tutto come un gioco, ma ha preso una piega che non mi piace più. A volte ci si trova in impicci del genere senza volerlo. E' come partire con un piede e solo a metà del passo accorgersi che è quello sbagliato.
-Nel mio paese questo è sbagliato. Non si fa.-aggiungo.
Lei chiude la doccia e improvvisamente nella stanza è piombato il silenzio.
Mi stacco dal lavandino e faccio per andarmene.
- Non è strano?- dice, come a volermi fermare con la voce.
- Cosa?- chiedo, già sulla porta.
-Che mio marito ti abbia assunto in cava-
-...-
-Non ti sei chiesto perché ha scelto te e non quegli altri?-
-Che vuol dire? Perché gli sono piaciuto subito, me l'ha detto lui.-
-No, sei piaciuto a me. Io ti ho scelto. Ti ho scelto io.-
-...-
Ha raccolto i capelli in una coda e li strizza sul lavandino.
-Guarda che lo sa, di noi. Stai tranquillo, tra noi funziona
così...lui adesso è con un'altra.-
-...-
-Il giovedì è la nostra serata libera.- dice e mi si avvicina come a volere un bacio. Come se fosse tutto a posto.
Me la prendo. Ma per l'ultima volta.

                   Maria Luigia Longo, esercizio di Cover di un brano di "Scavare una buca" di Cristiano Cavina, ed. Marcos y Marcos 

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