giovedì 12 novembre 2020

#micronarrazioni #potassio


Ogni tanto vi faccio leggere qualche estratto di quello a cui sto lavorando. Qualche giorno fa, era le poesia, oggi una micronarrazione.

Buona lettura!

ml

 #micronarrazioni

#potassio

Arrivo in ospedale con un senso di oppressione al petto e una ipotesi di infarto: per questo mi attribuiscono la priorità alta. La visita è veloce e di routine. Il cuore è a posto, è il potassio che manca: quasi azzerato, ha creato scompensi, dandomi la sensazione di non poter riuscire a respirare. 

Accanto al mio letto, dove mi terranno per tutta la notte, una giovane donna slava nel suo italiano incerto racconta ad uno psichiatra i motivi che l'hanno spinta a tentare il suicidio, dopo aver accompagnato sua figlia all'asilo, averla vestita e pettinata a festa.

- Io no lo so dove sbattere mia testa.

Io no prometto niente a mia figlia.

Lei guarda miei occhi e vede vuoto.


Ha parlato per un'ora, con un respiro senza più lacrime.

Ad assistere alla sua disperazione, mi sento di troppo. Perfino nella mia vita. Come si sopravvive a una assenza totale di prospettive?

Nell'opacità della stanza e delle sensazioni, arriva un raggio di sole: la mano calda di una infermiera che -  mentre mi chiede come sto - tiene premuta la sua mano sul mio braccio per qualche attimo incalcolabile. E mi accarezza. Una pressione leggera ma ferma. Il calore si propaga subito per tutto il corpo, fin dentro. 

Dovrei forse dirle di andare con lo stesso calore a prendersi cura della donna slava.

Ma non dico niente: mi tengo, tutto per me, quel calore senza volto che mi trattiene in questa vita.



2 commenti:

helios ha detto...

Lei guarda miei occhi e vede vuoto.
Abbiamo paura del vuoto. Temiamo che ci ingoi, che fagociti la materia di cui siamo fatti, che ci digerisca polverizzando i nostri atomi, disperdendoci chissà dove. Ma il vuoto ci circonda. Il vuoto è ovunque. Non c’è luogo senza vuoto. Il vuoto è il luogo del mondo. Impossibile stabilire un “qui” o un “là” se non c’è un vuoto a sorreggere l’indicazione localizzante. In realtà viviamo nel vuoto, lo respiriamo, lo inaliamo e lo plasmiamo prendendo a modello il vuoto stesso. L’essere non è “tutto pieno”, con buona pace di Parmenide. Senza il vuoto nulla esisterebbe, nulla si potrebbe muovere, non lo sguardo, non la luce, non pianeti, sistemi solari, galassie. Persino alcune parole parlano del vuoto e lo presuppongono. Commozione, sentimento umanissimo e ubiquo, prevede il motus, avviene cum motus, movimento necessario e necessità del vuoto senza il quale non c’è alcun motus, né commozione possibile. Ogni moto dell’animo anela al vuoto che ci attende immoto. Circondiamo il nostro vuoto e ne siamo accerchiati, compenetrati, sostenuti. Atlante è mitica figura del vuoto: sorretto dal nulla sorregge il mondo. Perché horror vacui? L’asceta stilita che vive il deserto anela al vuoto, lo cerca in lunghi anni di assenza dal mondo. Il suo scopo universale è il vuoto. Il fallimento è l’assenza di vuoto. Siamo della stessa materia di cui è fatto il vuoto. È il vuoto che consente il passaggio dell’istante al successivo perché il tempo è granulare, discreto, composto da scaglie di uno spazio catafratto e segmentato. Frammenti di spazio nell’immensità abissale del vuoto. Psiche galleggia in un cielo vuoto come il paradiso. Techne teme il vuoto. Dunque perché temerlo? Perché temere il paradiso?

Maria Luigia Longo ha detto...

Perché è infinito e noi siamo essere finiti. Forse