mercoledì 31 dicembre 2014

Auguri!


Qui


Stare fermi, ridere, dormire,
muoversi voglio dire, correre,
si può. Ma non si può mancare
a quello che porta via,
che porta qui dove si è sempre, nel posto
dove i posti si trovano, qui, dove
qualcosa importa.

E qui si sta, come un cane
lasciato chiuso in macchina
al sole, in un piazzale quasi vuoto,
una bestia per per ogni cric nella ghiaia
drizza le orecchie, e si scuote al minimo suono
di passi, lontano, o di risate.

Io provo a pensare, e ragiono,
e dentro sento tutta la testa che abbaia.

(Umberto Fiori)

lunedì 29 dicembre 2014

Poesie

*

FRASE

Quando un tram carico di gente
ti lascia a un incrocio, e sei solo
sul piazzale, davanti a un casamento
che in piena luce sta lì
piantato, chiaro, chiuso come un monte,
ti sembra di capir bene,
eppure non sai rispondere.

Ma poi a volte dentro
– giù, giù, sul fondo,
dove tutto il fiato è finito
e niente si lascia dire – viene una frase
e senti che sta già in piedi, che è viva,
che è vera come un naso, come una mano.

(Così al museo
due sale più lontano
uno sente arrivare una comitiva.)


*

(Da Chiarimenti 1995)

SPIEGAZIONE DELLE SIRENE

Le cose sono lì
svogliate, distratte: il mondo
sta insieme con lo sputo.

Colpa delle persone
che non rispondono bene al saluto.

Per questo giorno e notte
chiedono spazio
le sirene qua intorno,
chiedono aiuto.


*

RAMPICANTE

Parlando con qualcuno
è bello quando le frasi
vengono senza sforzo e vanno a mettersi
proprio dove dovevano,
come su un muro i rami
di un rampicante.

Ma se a cena comincia una discussione
com’è umiliante alla fine, senza più fiato,
starsi di fronte
a muso duro, a rinfacciarsi
di non sapere mai
nessuno niente.

(Umberto Fiori) 


domenica 28 dicembre 2014

Midaregami


6

Se qui adesso
ripenso al percorso
della mia passione -
somigliavo a un cieco
senza paura del buio.

10

Dopo il mio bagno
alla sorgente calda
questi vestiti
sono ruvidi sulla pelle
così come il mondo. 

41

Senza domandarci
se giusto, sbagliato,
se la vita di poi, 
se la fama... Tu ed io
amandoci ci guardiamo.

(Yosano Akiko)




martedì 23 dicembre 2014

domenica 21 dicembre 2014

Lo specchio e me

                                                          
                                              Ad una preadolescente

Al mattino
oggi
mi specchio

Spingo il sorriso
fin dietro l’orecchio
guardo in viso
quest’altra me
che si alza ogni giorno
in cerca di sé.

Se solo potessi
non dovermi cercare
avrei tutto il tempo
mondo
per poterti amare.

(Maria Luigia Longo, Poesie/Cantiere, 20 Novembre 2014)


sabato 20 dicembre 2014

Trasbordo.



Sono ridotto a una cornice
eppure mi attraversano
sentimenti bellissimi.
L'uomo che giace e si oppone
non è l'uomo indigente, l'escluso.
Dicono i proverbi:
messaggero fedele porta salute.

(Maurizio Cucchi, da Poesia della fonte)


giovedì 18 dicembre 2014

Resti. Per noi rimangono le ossa degli animali e degli uomini. Dove



*

Resti. Per noi rimangono le ossa degli animali e degli uomini. Dove
una volta un ragazzo e una ragazza facevano l’amore, ci sono ceneri
e macchie di sangue e pezzettini di unghie e ricci pubici e una vela
piegata che usarono con fini oscuri e macchie di sperma sopra il
fango e teste di gallo e una casa diroccata disegnata sulla sabbia, e
pezzetti di fogli profumati che furono lettere d’amore e la rotta sfe-
ra di vetro di una veggente e lillà appassiti e teste tagliate su guan-
ciali come anime impotenti tra asfodeli e tavole crepate e scarpe
vecchie e vestiti sul fango e gatti malati e occhi incrostati in una
mano che scivola verso il silenzio e mani con anelli e schiuma nera
che schizza su uno specchio che nulla riflette e una bambina che
dormendo asfissia la sua colomba preferita e monetine di oro nero
risuonanti come zingari di dolore che suonano i loro violini a con-
chiglie del mar Morto e un cuore che batte per ingannare e una rosa
che si apre per tradire e un bambino che piange di fronte a un cor-
vo che gracchia e l’ispiratrice si maschera per eseguire una melodia
che nessuno capisce sotto una pioggia che calma il mio male. Nes-
suno ci ascolta, per questo pronunciamo preghiere, ma guarda! Lo
zingaro più giovane sta decapitando con i suoi occhi di saracco la
bambina della colomba.

Io ero predestinata a nominare le cose con nomi essenziali. Io non
esisto più e lo so; quello che non so è che cosa vive al posto mio.
Perdo la ragione se parlo, perdo gli anni se sto in silenzio. Un vento
violento distrusse tutto. E non aver potuto parlare per tutti quelli
che dimenticarono il canto.

*

Restos. Para nosotros quedan los huesos de los animales y de los
hombres. Donde una vez un muchacho y una chica hacían el amor,
hay cenizas y manchas de sangre y pedacitos de uñas y rizos púbicos
y una vela doblegada que usaron con fines oscuros y manchas de es-
perma sobre el lodo y cabezas de gallo y una casa derruida dibujada
en la arena y trozos de papeles perfumados que fueron cartas de
amor y la rota bola de vidrio de una vidente y lilas marchitas y ca-
bezas cortadas sobre almohadas como almas impotentes entre asfó-
delos y tablas resquebrajadas y zapados viejos y vestidos en el fango
y gatos enfermos y ojos incrustados en una mano que se desliza ha-
cia el silencio y manos con sortijas y espuma negra que salpica a un
espejo que nada refleja y una niña que durmiendo asfixia a su palo-
ma preferida y pepitas de oro negro resonantes como gitanos de
duelo tocando sus violines a orillas del mar Muerto y un corazón
que late para engañar y una rosa que se abre para traicionar y un
niño llorando frente a un cuervo que grazna, y la inspiradora se en-
mascara para ejecutar una melodía que nadie entiende bajo una llu-
via que calma mi mal. Nadie nos oye, por eso emitimos ruegos,
pero ¡mira! El gitano más joven está decapitando con sus ojos de serrucho a la niña de la paloma.

Yo estaba predestinada a nombrar las cosas con nombres esenciales.
Yo ya no existo y lo sé; lo que no sé es qué vive en lugar mío. Pierdo
la razón si hablo, pierdo los años si callo. Un viento violento arrasó
con todo. Y no haber podido hablar por todos aquellos que olvidaron el canto.


(Alejandra Pizarnik)

mercoledì 17 dicembre 2014

Sorvegli il passaggio. Proteggi



7

Sorvegli il passaggio. Proteggi
la piccola porta delle parole.
Il passaggio
degli altri, che vanno, la nuda
possibilità di passare. O t’illudi
di farlo. Quanto a te,
il tuo passare sta forse nel non impedire
che questo abbia luogo
che tutto si muti e ogni cosa si perda
e si trovi diversa, che nulla
sia fatto prigione o negato. I signori
volevano altro, lo sai: li hai traditi
una volta per sempre. Li immagini fermi,
statue bianche di sale, glaciali stendardi,
circondati dai molossi silenziosi,
le inutili merci. Distanti,
tanto distanti da qui, dalla piccola porta
che vegli.


[Fabio Pusterla, da Argéman, per Marcos y Marcos]

domenica 14 dicembre 2014

No te salves


Non restare immobile
sul bordo della strada
non congelare la gioia
non amare con noia
non ti salvare adesso
né mai
non ti salvare
non riempirti di calma

non appartare del mondo
solo un angolo tranquillo
non lasciar cadere le palpebre
pesanti come giudizi

non restare senza labbra
non t’addormentare senza sonno
non pensarti senza sangue
non ti giudicare senza tempo

però se
malgrado tutto
non puoi evitarlo
e congeli la gioia
e ami con noia

e ti salvi adesso
e ti riempi di calma
e apparti del mondo
solo un angolo tranquillo
e lasci cadere le palpebre
pesanti come giudizi
e ti asciughi senza labbra
e ti addormenti senza sonno
e ti pensi senza sangue
e ti giudichi senza tempo
e resti immobile
al bordo della strada
e ti salvi
allora
non restare con me.

+++++

No te quedes inmóvil
al borde del camino
no congeles el júbilo
no quieras con desgana
no te salves ahora
ni nunca
no te salves
no te llenes de calma

no reserves del mundo
sólo un rincón tranquilo
no dejes caer los párpados
pesados como juicios

no te quedes sin labios
no te duermas sin sueño
no te pienses sin sangre
no te juzgues sin tiempo

pero si
pese a todo
no puedes evitarlo
y congelas el júbilo
y quieres con desgana

y te salvas ahora
y te llenas de calma
y reservas del mundo
sólo un rincón tranquilo
y dejas caer los párpados
pesados como juicios
y te secas sin labios
y te duermes sin sueño
y te piensas sin sangre
y te juzgas sin tiempo
y te quedas inmóvil
al borde del camino
y te salvas
entonces
no te quedes conmigo.

(Mario Benedetti)

domenica 7 dicembre 2014

Le nuvole




Nuvole… Oggi sono consapevole del cielo, poiché ci sono giorni in cui non lo guardo ma solo lo sento, vivendo nella città senza vivere nella natura in cui la città è inclusa.

Nuvole… Sono loro oggi la principale realtà, e mi preoccupano come se il velarsi del cielo fosse uno dei grandi pericoli del mio destino.

Nuvole… Corrono dall'imboccatura del fiume verso il Castello; da Occidente verso Oriente, in un tumultuare sparso e scarno, a volte bianche se vanno stracciate all'avanguardia di chissà che cosa; altre volte mezze nere, se lente, tardano ad essere spazzate via dal vento sibilante; infine nere di un bianco sporco se, quasi volessero restare, oscurano più col movimento che con l'ombra i falsi punti di fuga che le vie aprono fra le linee chiuse dei caseggiati.

Nuvole… Esisto senza che io lo sappia e morirò senza che io lo voglia. Sono l'intervallo fra ciò che sono e ciò che non sono, fra quanto sogno di essere e quanto la vita mi ha fatto essere, la media astratta e carnale fra cose che non sono niente più il niente di me stesso. ("qui" sono io, oggi)

Nuvole… Che inquietudine se sento, che disagio se penso, che inutilità se voglio!

Nuvole… Continuano a passare,alcune così enormi ( poiché le case non lasciano misurare la loro esatta dimensione ) che paiono occupare il cielo intero; altre di incerte dimensioni, come se fossero due che si sono accoppiate o una sola che si sta rompendo in due, a casaccio, nell'aria alta contro il cielo stanco; altre ancora piccole, simili a giocattoli di forme poderose, palle irregolari di un gioco assurdo, da parte, in un grande isolamento fredde.

Nuvole… Mi interrogo e mi disconosco. Non ho mai fatto niente di utile né faro niente di giustificabile. Quella parte della mia vita che non ho dissipato a interpretare confusamente nessuna cosa, l'ho spesa a dedicare versi prosastici alle intrasmissibili sensazioni con le quali rendo mio l'universo sconosciuto. Sono stanco di me oggettivamente e soggettivamente. Sono stanco di tutto e del tutto di tutto.

Nuvole… Esse sono tutto,crolli dell'altezza, uniche cose oggi reali fra la nulla terra e il cielo inesistente; brandelli indescrivibili del tedio che loro attribuisco: nebbia condensata in minacce incolori; fiocchi di cotone sporco di un ospedale senza pareti.

Nuvole… Sono come me un passaggio figurato tra cielo e terra, in balìa di un impulso invisibile, temporalesche o silenziose, che rallegrano per la bianchezza o rattristano per l'oscurità, finzioni dell'intervallo e del discammino, lontane dal rumore della terra, lontane dal silenzio del cielo.Nuvole… Continuano a passare, continuano ancora a passare, passeranno sempre continuamente, in una sfilza continua di matasse opache, come il prolungamento diffuso di un cielo falso e disfatto.

(Fernando Pessoa, dal Libro dell'Inquietudine)