lunedì 30 settembre 2013

La terra e la morte




Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate

(Cesare Pavese)



venerdì 27 settembre 2013

Tu legno e io




Come una preghiera per non violenti giorni
Dal lago si estendeva ai colli circostanti,
Sommergeva persino i già bisbigli
Emessi dai risvegli,
Era il cielo con due nuvole
L’emissione della voce
E a forma di labbra la pronuncia:
Tu legno e io poliuretano espanso.
Quando si dice i materiali antichi
Destinati a durare
E quelli innovativi…
Cercavamo il sesso della morte
Nelle pitture alpine. E’ maschio è maschio
Ricordo che scoprivo.

(Franco Buffoni, testo tratto dall'inedito Jucci, dal blog LE PAROLE E LE COSE Letteratura e realtà)


mercoledì 25 settembre 2013

Piove



Piove, e se piovesse per sempre
sarebbe questa tua carezza lunga
che si ferma sul petto, le tempie;
eccoci, luccicante sorella,
nel cerchio del tempo buono, nell'ora
indovinata
stiamo noi, due sguardi versati in un corpo,
uno stare senza dimora
che ci fa intangibili, sottili come un sentiero
di matita
da me a te né dopo né dove, amore,
nello scorrere
quando mi dici guardami bene, guarda:
l'albero è capovolto, la radice è nell’aria.

(Pierluigi Cappello, Mandate a dire a all'imperatore, Crocetti Edizioni)



martedì 24 settembre 2013

Qui, nel cuore



Qui nel cuore, forse, o meglio ancora:
una ferita inferta col coltello,
lama d’inganno, taglio di rifiuto,
da cui sfugge la speranza
colano le emozioni, la sete, i sogni.
Desiderare, volere, non bastare,
disillusa ricerca del motivo
che spieghi un senso.
Un senso che non c’è.
Questo è che duole, forse qui nel cuore.


José Saramago


domenica 22 settembre 2013

Potrebbe essere anche



Un bar. Di notte, è evidente.
Potrebbe essere anche un cabaret, o un teatro.
Musica di pianoforte. O un bandoneón. Chissà una chitarra.
Forse, pure, una canzone. Dipende:
un tango, un bolero, una nostalgia greca,
qualcosa di impalpabile, come un blues, irraggiungibile
come le cosce di questa ragazza di Venezia
che ti guarda dal fondo del tuo bicchiere.
Ricordare, quando uno è o sta solo, fa più male
che immaginare: questo è quello che vogliamo dimostrare.
Il microfono amplifica la vera voce, l’assenza:
si tratta del viaggio a una donna come a una città
alla quale non si giunge da invisibile, da lontano.
E se uno giungesse e stesse lì, in lei,
si tratterebbe, con questa musica, di una separazione
che sarà per sempre, come sempre.
A chi dare la colpa? Sono destino il paese
che non avesti, la donna in cui non entrasti?
Una compagnia – qualsiasi–, più o meno coniugale,
o da poco incontrata, dico più o meno duratura,
mai l’amata non cercata, mai la presentita,
distruggerebbe questa sensazione agrodolce o dolceamara
di ciò che non è, ciò che non fu, senza che importi
la voce o il volto che le appartengono,
né l’età che le sue gambe sostengono:
ciò che non può essere perché se fosse non sarebbe.

E in fondo, farebbe male che non facesse male.
Persino che non facesse male più di quanto fa male.


(Jorge Enrique Adoum, L'amore disinterrato e altre poesie, 2002)



sabato 21 settembre 2013

Gli occhi / Los ojos



los ojos
hablan lo justo
ojos que se abren
arrojan lo sobrante
ojos
no palabras
ojos
no promesas
trabajo con mis ojos
en construir
en reparar
en reconstruir
algo parecido a una mirada humana
a un poema de hombre
a un canto lejano del bosque


*

gli occhi
dicono la verità
occhi che si aprono
tirano via il superfluo:
occhi
non parole
occhi
non promesse;
lavoro con i miei occhi
costruendo
riparando
ricostruendo
qualcosa di simile ad uno sguardo umano
ad una poesia d’uomo
ad un canto lontano del bosco.

(Alejandra Pizarnik, La figlia del silenzio)


mercoledì 18 settembre 2013

Lodi del corpo maschile / Il torace




Questo
torace liscio
come una tavola forte
questo spazio
teso
come una lastra nuova
del passato
tu sei la tela.

Tocco
con le dita
il tuo presente,
ne scolpisco il profilo,
ne guido il respiro:
è ansante,
vivo,
è mia creatura,
sta salendo
in questo momento.

Lo afferro
lo tengo
lo liscio.

Mi faccio strada
bacio, accarezzo
trattengo la sua deliziosa
fragranza di carne
e con essa
mi ci faccio una sedia,
il mio tavolo
la mia casa.

Questo torace
è molto più di
questo; è
l’essere trattenuta
su un piano infinito.

(Maria Luigia Longo, per Lodi del corpo maschile / Il torace, settembre 2013)

martedì 17 settembre 2013

Storie in 100 paole


Cari amici
sono lieta di informarvi che giovedì 19 settembre presso Beba do Samba - Via De' Messapi, 8 Roma alle 18.30 si terrà la presentazione del volume collettivo Storie in 100 parole, Giulio Perrone Editore. 
Nel volume è stato inserito anche il mio testo, Zorro. 
Chi fosse interessato all'acquisto, può ordinarlo direttamente sul sito della casa editrice.
Buona lettura!
m.l.

lunedì 16 settembre 2013

Poesia Wiva




Cari Amici,
da oggi ho inaugurato su Hubculture una rubrica di segnalazioni poetiche, POESIA WIVA.
Non sarà uno spazio critico o di analisi testuale, ma una semplice vetrina di testi e autori, italiani e non, contemporanei e viventi. Lo spazio nasce dalla necessità di promuovere un concetto: la poesia vive e parla la lingua dell'oggi.
Più in là si arricchirà di approfondimenti più tecnici sull'arte poetica.
Come sempre aspetto i vostri commenti e riflessioni.
Buona lettura
m.l.

A una signora Creola


In quella terra odorosa che il sole accarezza,
ho incontrato, sotto un baldacchino
d`alberi purpurei
e palme da cui piove sugli occhi la pigrizia,
una signora creola dagli incanti sconosciuti.
Pallida e calda la pelle; la bruna ammaliatrice
atteggia il collo in nobili positure;
grande e svelta cammina come una cacciatrice
e il suo sorriso è calmo e i suoi occhi scuri.
Se vi recaste, Signora, nel vero
paese della gloria
sulle sponde della Senna o della verde Loira,
bella degna di ornare gli antichi manieri,
fareste germinare in quegli ombrosi recessi
mille sonetti in cuore ai poeti, sottomessi
ai vostri grandi occhi più degli schiavi mori.

(Charles Baudelaire)


domenica 15 settembre 2013

Sensazione


Nelle sere azzurre d'estate andrò per i sentieri,
pizzicato dal grano, a calpestare l'erba tenera:
come in sogno ne sentirò il fresco nei piedi.
Lascerò che il vento bagni la mia testa nuda.
Non dirò nulla, non penserò a niente:
ma l'amore che non ha fine mi riempirà l'anima,
e andrò lontano, molto lontano, come un vagabondo
attraverso la Natura, felice come quando si sta con una donna.

(Arthur Rimbaud)


venerdì 13 settembre 2013

Solo la voce resta



Perché fermarmi, perché?
Gli uccelli sono partiti in cerca di una direzione azzurra.
L’orizzonte è verticale,
L’orizzonte è verticale e il movimento: zampillante
E, al limite del visibile,
Ruotano, luminosi, i pianeti.
Alle altitudini, la terra rinnova il suo ciclo,
I pozzi d’aria
Si trasformano in tunnel di collegamento
E il giorno è una distesa
Che le limitate idee del verme del giornale non racchiudono.

Perché fermarmi?
La rotta passa attraverso i capillari della vita.
La fertile atmosfera del grembo lunare
Eliminerà le cellule contaminate
E, all’alba, nello spazio chimico,
Solo la voce,
La voce sarà assorbita dalle particelle del tempo.
Perché fermarmi?

Che può essere la palude?
Che può essere, se non il luogo della deposizione delle uova dei putridi insetti?
I cadaveri enfiati scrivono i pensieri dell’obitorio.
L’imbelle, nell’ombra,
Ha celato la sua mancanza di virilità.
E lo scarafaggio, oh!
Quando parla lo scarafaggio.
Perché fermarmi?
L’opera delle lettere di piombo è vana,
Non salverà l’umile pensiero.
Io sono della stirpe degli alberi,
Respirare aria stagnante mi deprime.
Un uccello, che è perito, mi consigliò di rammentare il volo.

La meta di tutte le forze è di ricongiungersi, ricongiungersi
Alla chiara essenza del sole
E riversarsi nello spirito della luce.
È naturale
Che i mulini a vento marciscano.
Perché fermarmi?
Le verdi spighe di grano,
Io le porto al seno
E le allatto.

La voce, la voce, solo la voce.
La voce dell’insito desiderio dell’acqua di scorrere,
La voce della cascata di luce stellare sulla parete della femminilità della terra,
La voce della coagulazione del seme del pensiero
E l’effusione della memoria comune dell’amore.
La voce, la voce, la voce, solo la voce resta.

Nel paese degli gnomi
I criteri di valutazione
Hanno sempre gravitato nell’orbita dello zero.
Perché fermarmi?
Io obbedisco ai quattro elementi,
Il compito di redigere lo statuto del mio cuore
Non è compito del locale governo di ciechi.

Che ho a che fare io con il prolungato mugolio bestiale
Nell’organo sessuale dell’animale?
Che ho a che fare io con l’umile movimento del verme nel vuoto della carne?
La linea di sangue dei fiori mi ha forzato a vivere.
Conoscete la linea di sangue dei fiori?


(Forugh Farrokhzâd Traduzione della poesia dal persiano di Assunta Daniela Zini)



lunedì 9 settembre 2013

Una vita


Come una lumaca porto la mia casa sulla schiena
Questo mondo mi ha offerto un asilo infinito
Questo sole e questa pioggia, questa famiglia di alberi frondosi
Un fornello portatile, brisure di riso

Poi il vento porta via le ceneri
Parto lontano, partirò, è certo,
Ho conosciuto altri limiti oltre la nascita e la morte ?

Questo cielo mi appartiene:
è blu a mia volontà
Donne e fiumi vengono alla mia dimora
Sedute, le gambe allungate, esse evocano i loro
ricordi
I miei giorni scorrono in un riposo meraviglioso e segreto
E ogni notte scivola come fiore appassito.


(Sunil Gangopadhyay - poesia in lingua bengali)








sabato 7 settembre 2013

Nelle parole / Nas Palavras




Respiro la terra nelle parole,
nel dorso delle parole
respiro
la pietra fresca della calce;

respiro una vena d'acqua
che si perde
tra le spalle
o le natiche;

respiro un sole recente
e raso
nelle parole,
con lentezza d'animale.


NAS PALAVRAS

Respiro a terra nas palavras,
no dorso das palavras
respiro
a pedra fresca da cal;

respiro um veio de água
que se perde
entre as espáduas
ou as nádegas;

respiro um sol recente
e raso
nas palavras,
com lentidão de animal.

(Eugénio de Andrade)


martedì 3 settembre 2013

Il mio mestiere


Che forse non è questo il mio mestiere?
Perdere tempo, questo è il mio mestiere,
e il bello è perdere quel che non si ha.
Ho perso tempo e certo non l'avevo
ma io perdendo prendo, anzi ricevo,
lusso supremo, la mia immortalità.
Altro non voglio infatti che essere immortale
qui in questa terra essere immortale, sospesa
in mezzo al tempo non più mio, esposta
e già finita, chiuso animale che certo
non risorge, giocando alle parole sono l'inizio.

(Patrizia Cavalli)


lunedì 2 settembre 2013

Con un bacio leggero




E’ per un piacere del tutto privato che la mattina va in spiaggia alle prime luci. E’ per rimanere supina e lasciare che il corpo si abbandoni prima all’umidità della notte e poi al caldo che man mano cresce. E allargare le gambe. Ha una pelle nocciola e capelli corti neri su un due pezzi succinto. Mantiene la posizione per ore e conta, a pelo di sabbia, le gambe che entrano nel suo campo visivo. A mezzogiorno le squilla il telefono
-Sì? Aquì, como siempre. Ven!
Poi una donna passa a prenderla in macchina. Si salutano con un bacio leggero.

(Maria Luigia Longo, Con un bacio leggero, luglio 2013)

Esseri testimoni di se stessi



Esseri testimoni di se stessi
sempre in propria compagnia
mai lasciati soli in leggerezza
doversi ascoltare sempre
in ogni avvenimento fisico chimico
mentale, è questa la grande prova
l'espiazione, è questo il male.



(Patrizia Cavalli, da Poesie, Einaudi 1999)

domenica 1 settembre 2013

Adesso che il tempo sembra tutto mio




Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c'è richiamo e non c'è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l'accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.

(Patrizia Cavalli)