lunedì 24 novembre 2014

Antica foto


un anno, hai un solo anno
nel seggiolino di vimini
seduto e assorto
con le mani intrecciate
e gli occhi bassi,
ah, potere rientrare
dentro la foto, risentire
il sangue e le figure,
no, non così grigio
il muro lo ricordo
ma di bocche di lupo
cosparso e acceso,
le viole tutt’attorno
al grande pino,
il bosso che profuma
verde e amaro,
l’infanzia è la stagione
dei colori
dentro le vene t’entrano
confusi,
dinnanzi agli occhi
ardono assoluti

sei nato dentro il freddo
e tra la neve,
quando ricade
e copre i favagelli
e gli anemoni piega
sotto il bianco,
l’inquieta primavera
dentro la terra s’agita
e nel sangue

e mai come in quell’anno
cadde la neve
e tu quel bianco, assorto
guardi dai vetri
e vuoi che non finisca,
che tutto copra,
c’è il fuoco nel camino
e la polenta
e dentro il letto
avrai la brace accanto,
quello di Camorciano
fa il bersagliere,
la terra dove combatte
è tutta neve,
alta più d’una casa
ma tutta nera
per il fumo e gli scoppi
di quegli altri,
spara con la mitraglia
contro i carri,
disperso è quel soldato
che non ritrovi
dalla neve coperto
e poi dissolto

magari per un giorno
è ritornato tuo padre
dalla terra che si vede
quando non c’è una striscia
dentro il cielo,
uno straccio di nube
bianco o scuro,
dalla Cesana alta
o dal campanile,
dicono ch’è una terra
tutta sassi
con buche grandi
come l’orto,
lì i ribelli lo aspettano
che passi

dopo lui va nell’orto
per l’insalata
e io gli vado dietro
tra la gran neve,
tira fuori i ceppi
verdi e molli,
ho i piedi che mi gelano
bagnati
e lui mi prende in braccio
con una mano,
con l’altra tiene stretta
l’insalata

erano giorni scuri,
scure neve e sabbia
e scuri i monti
dove gli uomini muoiono
andati al fronte,
scuro anche il cielo
che la sirena annuncia,
l’infanzia altro corso
segue della storia,
mai come allora
accesi sono i colori,
e tulipani rossi
lungo i fossi,
giunchiglie a branchi
per tutti i greppi
quelle bocche di lupo
che tu raccogli
padre per me salito
con lunga scala
sulla muraglia

tra inverno e primavera
sono nato,
sempre mi porto dentro
l’erbe e i fiori
che la neve sempre
tronca e spezza,
e poi loro tenaci
tornano fuori
tra le crepe gelate
dalla terra

e quel canto rammento
il più lontano
che nel bosco c’invita
via dal fuoco,
dal dolore
che sempre
ci accompagna.

(Umberto Piersanti, Inedito, marzo 2011)

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