domenica 29 luglio 2012

Quello il segnale.



“Buongiorno”, disse l’ippopotamo.

Il barista si voltò di scatto.

"Buongiorno!", replicò guardandola dalla testa ai piedi. Non smettendo di lucidare i bicchieri dell'amaro, la soppesò dal basso in alto. Le décolleté di pelle nera, messe per l'occasione, i piedi gonfi strizzati come a voler esplodere da un momento all'altro, quelle caviglie che sottili non lo erano probabilmente mai state neanche quand'era bambina e, adesso imbrigliate nella calze a rete nere, lasciavano intuire tutta la carnalità che i suoi movimenti sapevano assumere. Mentre asciugava i contenitori per il cibo a buffet appena servito, risaliva con lo sguardo quelle calze e, all'altezza della coscia, trovava la solita smagliatura verticale che, allargando la rete, lasciava fuoriuscire prepotentemente quella carne di cui pregustava il sapore.

"Buongiorno!" disse ancora l'ippopotamo, questa volta un po' ansante.

"Buongiorno!", rispose il barista andando verso la porta e chiudendola a chiave dall'interno. L'ippopotamo si voltò di scatto fingendo di leggere il quotidiano lasciato aperto da qualcuno sul tavolino e, appoggiando appena la mano allo schienale della sedia, sollevò il piede all'indietro, piegando il ginocchio. Lasciò così in evidenza la parte del suo corpo che lo faceva letteralmente impazzire. Quella montagna di donna, quell'ippopotamo come la chiamavano le mogli gelose del quartiere, era là per lui come ogni giovedì e il terzo "buongiorno!" fra loro era il segnale che dava inizio ad un'ora del miglior sesso che avesse mai fatto.

"Buongiorno, dunque!", disse infine, cingendole con entrambe le mani i fianchi.

E l'ippopotamo, liberando il collo dai capelli, concluse "Buongiorno, caro!".

(Eserciziescherzi_luglio 2012_m.luigialongo)

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