Il 27 agosto del 1970 a Torino Cesare Pavese si congeda dalla scrittura e, quindi, dalla vita con questo messaggio:
"Perdono tutti e a tutti chiedo perdono.
Va bene?
Non fate troppi pettegolezzi
Cesare Pavese"
E' un autore che amo molto e che sento molto vicino, per certi versi.
Voglio rileggerlo, oggi, a partire da questa poesia:
Sempre vieni dal mare
e ne hai la voce roca,
sempre hai occhi segreti
d’acqua viva tra i rovi,
e fronte bassa, come
cielo basso di nubi.
Ogni volta rivivi
come una cosa antica
e selvaggia, che il cuore
già sapeva e si serra.
Ogni volta è uno strappo,
ogni volta è la morte.
Noi sempre combattemmo.
Chi si risolve all’urto
ha gustato la morte
e la porta nel sangue.
Come buoni nemici
che non s’odiano piú
noi abbiamo una stessa
voce, una stessa pena
e viviamo affrontati
sotto povero cielo.
Tra noi non insidie,
non inutili cose –
combatteremo sempre.
Combatteremo ancora,
combatteremo sempre,
perché cerchiamo il sonno
della morte affiancati,
e abbiamo voce roca
fronte bassa e selvaggia
e un identico cielo.
Fummo fatti per questo.
Se tu od io cede all’urto,
segue una notte lunga
che non è pace o tregua
e non è morte vera.
Tu non sei piú. Le braccia
si dibattono invano.
Fin che ci trema il cuore.
Hanno detto un tuo nome.
Ricomincia la morte.
Cosa ignota e selvaggia
sei rinata dal mare.
Cesare Pavese
[19-20 novembre 1945]
(da “La terra e la morte”, in “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, Einaudi, Torino, 1951)
Nessun commento:
Posta un commento