II Torno... e una sera il mondo è nuovo, una sera in cui non accade nulla - solo, corro in macchina - e guardo in fondo all'azzurro le case del Prenestino - le guardo, non me ne accorgo, e invece, quest'immagine di case popolari dentrol'azzurro della sera, deve restarmi come un'immagine del mondo (davvero chiedono gli uomini altro che vivere?) - case qui piccole, muffite, di crosta bianca, là alte, quasi palazzi, isole color terra, galleggianti nel fumo che le fa stupende, sopra vuoti di strade infossate, non finite, nel fango, sterri abbandonati, e resti d'orti con le loro siepi - tutto tacendo come per notturna pace, nel giorno. E gli uomini che vivono in quest'ora al Prenestino sono affogati anch'essi in quelle strie sognanti di celeste con sognanti lumi - quasi in un crepuscolo che mai si debba fare notte - quasi consci, in attesa di un tram, alle finestre, che Fora vera dell'uomo è l'agonia - e lieti, quasi, di ciò, coi loro piccoli, i loro guai, la loro eterna sera - ah, grazia esistenziale degli uomini, vita che si svolge, solo, come vera, in un paesaggio dove ogni corpo è solo una realtà lontana, un povero innocente.
Torno, e mi trovo, prima d'un appuntamento da Carlo o Cartone, da Nino a Via Rasella o da Nino a Via Borgognone in una zona oggetto di mie sole frequentazioni... Due o tre tram e migliaia di fratelli (col bar luccicante sullo spiazzo, e il dolore, spento nelle coscienze italiane, d'essere poveri, il dolore del ritorno a casa, nel fango, sotto nuove catene di palazzi) che lottano, si colpiscono, si odiano tra loro, per la meta di un gradino sul tram, nel buio, nella sera che li ignora, perduti in un caos che il solo fatto d'appartenere a un rione remoto lo delude nel suo essere una cosa reale. Io mi ritrovo il vecchio cuore, e pago il tributo ad esso, con lacrime ricacciate, odiate, e nella bocca le parole della bandiera rossa, le parole che ogni uomo sa, e sa far tacere. Nulla è mutato! siamo ancora negli Anni Cinquanta! siamo negli Anni Quaranta! prendete le armi! Ma la sera è più forte di ogni dolore. Piano piano i due tre tram la vincono sulle migliaia di operai, lo spiazzo è quello dei dopocena, sul fango, sereno, brilla il chiaro d'una baracca di biliardi, la poca gente fa la coda, nel vento di scirocco di una sera del Mille, aspettando il suo tram che la porti alla buia borgata. La Rivoluzione non è che un sentimento.
(Pier Paolo Pasolini, Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964)
Anche quando sembra che la giornata sia passata come un'ala di rondine, come una manciata di polvere gettata e che non è possibile raccogliere e la descrizione il racconto non trovano necessità né ascolto, c'è sempre una parola una paroletta da dire per dire che non c'è niente da dire.
Tre meno un quarto: occorre essere ancora più sottile, persino ciò che accarezza il naso in qualche luogo puzza in parole
bussare per pane è chiaro, masticare la morte è chiaro, la nebbia che rinvia e ritira il respiro è chiara
l'acqua lenta che ruggisce attraverso la crepa nella strada d'asfalto è mortale nonsenso è mondo lontano stranamente chiara
il viaggiatore è sulla strada, la lontananza non è in nessun luogo è dappertutto pensabile, egli fa qualche passo, nessuna parola, non riesce a passarci, egli la calma -
Proprio in questo momento la barca per Haarlem ha attraversato la strada. Lungo il marciapiede rimorchiava i cavalli smagriti con il servo nel mezzo della strada il nonno di mio
nonno fendeva l’acqua. Non lasciatemi indietro, qui, ho strillato dalla finestra dalla quale li ho visti andare, non posso proprio restarmene qui da sola, ma sono sfilati via e hanno preso la svolta a sinistra verso il parco. L’asfalto si avvicinava, dalle profondità che con chiarezza ho visto scorrere, riflettere e e agitarsi, nessun pesce che guizzava. Speriamo, pensavo, che con marea liquida e immobile giungano dove stasera sono destinati.
Tutto resta come è sempre stato. Siete arrivati, era tardi, parcheggiando senza cura come al solito, avete preso la borsa dalla macchina e lì in piedi sull’asfalto denso avete guardato in su, dritti verso me.
(Eva Gerlach, da Daar ligt het De Arbeiderspers, Amsterdam, 2003)