[...] E ti appropri di/un mondo che/nello scrutare sorpreso l'ombra/ha la sua strofa.// (da Paesaggi di tempo, pag. 24)
martedì 27 dicembre 2011
sabato 17 dicembre 2011
Corpo della fuga / Andante con brio
-Alla
peggio non diventerai pianista di successo, ma certamente imparerai a
suonare uno strumento che ti farà compagnia!-
Queste
le parole di sua madre tutte le volte che Erica tentava di spiegarle
che di suonare il pianoforte a lei proprio non importava e che,
anzi, era davvero stufa delle lezioni del maestro di musica, barbuto
e severo, e di tutte le ore che perdeva per i solfeggi e gli
esercizi. Il ticchettio del metronomo le era diventato insopportabile
e si insinuava in molti suoi pensieri rendendoli ossessivi. A volte
di notte sognava con angoscia perfino le note: si vedeva rincorsa in
uno spazio neutro da frotte di minime,
semiminime,
crome,
semicrome...
Sarà
stata la sua figura esile, gli occhiali spessi e tondi e l’aria
svagata di chi non sa mai bene dove si trovi a indurre la madre di
Erica a iscriverla fin dall’età di sette anni alle lezioni di
pianoforte del maestro Biagio Aigus, noto direttore d’orchestra.
-Sì,
non avrai forse dita affusolate e lunghe come le pianiste vere, ma -
anche il maestro Biagio è d’accordo con me - l’esercizio fa
miracoli! Fa-mi-ra-co-li, Erica! - E le apriva in fretta lo sportello
dell’auto per farla scendere al volo e non arrivare tardi alla
lezione.
E,
tutte le volte ancora dopo tanti anni, Erica sostava un attimo
davanti alla porta di casa Aigus prima di suonare il campanello e
cercava di trovare un modo per non entrare. Sparire, squagliarsi di
là, vaporizzare anche... Tutto pur di non entrare. Nemmeno i
fioretti fatti ogni anno in omaggio a Santa Cecilia, protettrice dei
musicanti, erano bastati a salvarla. Proprio niente. E puntualmente
un colpo di clacson proveniente dall'auto della madre alle sue
spalle, ancora davanti al cancelletto d'ingresso, la faceva riavere
dai suoi propositi. Ma qualcosa di peggiore del clacson ancora c'era:
il campanello del maestro Aigus intonava l'attacco della primavera di
Vivaldi; suggestione o no, a lei venivano letteralmente i brividi.
Le
lezioni invernali poteva anche sopportarle, ma erano quelle estive
che proprio non le andavano giù: per due ore di lezione alla
settimana doveva rimanere rinchiusa in casa a studiare tutti i
pomeriggi! E detestava anche quei ragazzini che invece tornavano dal
mare tutti sudati, abbronzati e festosi, ai quali le madri non
avevano imposto neanche di esercitarsi con la diamonica nell’ora di
musica a scuola. Li sentiva ridere e schiamazzare sotto la sua
finestra e rincorrersi fino in piazza. Le loro voci s'intrecciavano
ai suoi sol
in
2/4 del solfeggio
e puntualmente li superavano, portandola fuori tempo.
-Su,
Erica, impegnati! Quest’anno hai il concerto di fine corso e poi
l’anno prossimo ti iscriviamo al conservatorio. Finalmente avremo
una pianista professionista in famiglia! - esultava la madre e,
dicendolo, stringeva leggermente perfino il pugno in segno di
vittoria.
- Non
vorrai mica fare come la zia Ada che si è praticamente bruciata la
carriera al suo saggio di fine corso perché si è fatta prendere da
una crisi di panico e per poco non se la faceva addosso?! Erica,
quasi le-tte-ral-men-te addosso, intendo. E adesso, che ha più di
sessant’anni ed è sola come un cane, l’unico passatempo che ha
sono le parole crociate!-, concludeva scuotendo la testa in segno di
profonda disapprovazione.
- Be'...
no, cara, non solo le parole crociate, adesso si è evoluta: si
cimenta anche con il Sudoku! - interveniva suo padre, col suo humor
inconciliante, dalla poltrona e da dietro il solito quotidiano.
L’idea
di esibirsi di fronte a duecento persone non la turbava più di
tanto, era la prospettiva di otto anni di conservatorio che invece la
atterriva completamente. Immaginava già le sue notti costellate da
caterve e caterve di note. Ma le madri, si sa, oltre ad avere più
esperienza di te, ti regalano con i loro sproloqui anche idee geniali
per opportune vie di fuga. Basta ogni tanto ascoltarle. Così,
durante tutta la giornata del fatidico concerto di fine corso, Erica
si allenò per un memorabile e definitivo addio alle scene bevendo
quasi quattro litri di acqua e riservando al suo pubblico una
liberatoria minzione al suono di un accordatissimo do-sol,
do-sol,
do-sol
con la mano sinistra, mentre - con buona pace del maestro Biagio
Aigus, noto direttore d’orchestra - la destra abbandonava una scala
a toni alternati già in cerca di altri passatempi.
Riscrittura di Corpo della fuga / Andante con brio, Maria Luigia Longo, 2002-2011.
sabato 3 dicembre 2011

Ecco la copertina della nuova Antologia edita dalla Giulio Perrone Editore di Roma nella quale è stato inserito il mio racconto Ritratto di un'attesa.
E' possibile acquistare il volume ordinandolo sul sito della casa editrice o direttamente da me.
A presto e buone letture a tutti!
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