III
Ci visita l’amore. La casa possiede
una memoria cieca
di sole sulle braccia
e la passione, arida d’erba, sulla pelle.
Dobbiamo veramente abbracciarci
in questa mattina grigia d’ogni nostalgia
e patteggiare con la luce
che comincia a disturbarci
sotto le porte
come un guardone nascosto
che dobbiamo sopportare.
Sono troppe cose.
Si vede che il tempo vola indifferente,
a noi estraneo
che abbiamo parlato tanto della vita
per giungere in tempo ai suoi occhi aperti,
al suo capezzolo rosato
e alla bella volta dei corpi
che cercavamo insieme,
impetuosamente,
aprendo cerniere
con l’impazienza propria degli innamorati.
Il sole
che sembra l’esitante carne delle tue labbra
si avvicina strisciando e mi ricorda
che è ancora possibile rincorrerci
mentre si spengono lente le ultime stelle.
Prima che tu nascessi ed io nascessi
qualcuno dovette vivere in queste stanze,
sopportarle come le settimane,
riempirle di desideri realizzati a metà.
Gente di solitudine.
Forse sarà tutto valso
se un giorno...
Noi
ormai niente abbiamo creato, neppure un focolare.
È più saggio l’amore quando nasce,
quando si incomincia a sentire il mattino,
per il lungo, deserto cammino della tua pelle.
(Luis García Montero La poesia complice, trad. di Gabriele Morelli)
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